Poche settimane fa i media hanno diffuso la notizia che IBM ha messo in vendita Watson, l’icona tecnologica della medicina predittiva, dell’elaborazione dei Big Data sanitari nel decennio scorso, cui IBM aveva attribuito il nome del proprio fondatore. Sarà addirittura una vendita per parti (il cd “spezzatino”, come spesso accade per le aziende in default), cercando di valorizzare gli asset migliori: le basi di dati e non, come ci si sarebbe potuto aspettare, la tecnologia. Da tempo gli operatori del settore avevano ormai capito che quella strategia non aveva portato i risultati attesi, ma l’ufficialità della notizia ci offre l’occasione per una riflessione su un tema sempre più centrale e oggetto di enormi investimenti ed ancor più grandi aspettative. Big Data, Digital Health, Digital Therapeutics Intelligenza Artificiale, predittività e precisione rimangono e si confermano sempre più l’orizzonte di riferimento per lo sviluppo della medicina e dei sistemi sanitari, ma lo scenario tecnologico, regolatorio, sociale sono cambiati ed in continuo mutamento.
Certamente va abbandonata l’idea della centralizzazione dei dati. La tutela della Privacy (in tutto il mondo occidentale, ma in particolare in Europa) è l’elemento più evidente e sostanziale che va in senso contrario a questa scelta, ma non il solo. L’incremento del valore del dato in sé, e soprattutto l’incremento di valore del dato dinamico (cioè dell’evoluzione delle interdipendenze tra dati nel tempo), inducono i detentori dei dati a gestire e comunque ad avere il controllo di questo patrimonio.
Lo sostiene anche Maurizio De Cicco – Presidente e AD di Roche Italia:
” Roche da 125 anni gestisce dati sanitari di ricerca in piena compliance GDPR e in modo anonimizzato e aggregato. La privacy è prima di tutto una nostra priorità. Per questo nel ricercare soluzioni integrate Digitali a supporto e in sinergia con l’evoluzione digitale del paese ci rivolgiamo solo a partner di eccellenza che ci aiutino nel fare evolvere la ricerca e le evidenze anche per le nuove tecnologie, Non più un azienda solo di soluzioni diagnostiche e farmaceutiche ma un partner di soluzioni integrate nei processi e percorsi di Cura”
A questo si aggiunga poi, che nonostante l’evoluzione rapidissima delle tecniche computazionali, degli algoritmi sempre più sofisticati e delle capacità di calcolo, l’illusione di poter elaborare dati completamente disomogenei e destrutturati si è rivelata tale: appunto una suggestiva ma non realistica illusione, almeno in questo momento storico.
D’altro canto, però, la velocità dell’innovazione nel campo del Digital Health ci offre prospettive sempre più ravvicinate e promettenti nel campo delle nuove terapie: nuovi farmaci, repurposing di principi attivi esistenti, di quelli di origine botanica, terapie avanzate, geniche e cellulari, medicina di precisione. Nuovi campi, come microbioma e microbiota impensabili da affrontare fino a pochi anni fa, anche solo per la dimensione dei dati in questione.
La prospettiva più interessante è quella dell’impatto sui sistemi sanitari e sui percorsi di cura, e finalmente sui cosiddetti percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (PDTA), ancora oggi difficili da elaborare. È necessario un sistema coordinato, sistematico e continuativo di raccolta ed elaborazione di dati in “real world evidence”, che permetta misurazione di outcome nel tempo in silos sociali economici e finanziari diversificati, in modo tale da consentire e adottare valutazioni di impatto condivise e solide e dunque un allocazione degli investimenti che non tenga conto solo del lato della spesa. La predittività diventa quindi uno strumento non solo relativo alla terapia, ma riguarda l’intero sistema di cura e non ultimo, di rimborso delle prestazioni.
Sotto il profilo più qualitativo l’obiettivo strategico possibile, attraverso data analytics e AI, è quello di portare l’eccellenza del grande ospedale sul territorio, fino anche alla cura e all’ assistenza domiciliare. Non si tratta solo di telemedicina ma di un approccio più sistemico di Digital Health che può davvero mettere il “paziente al centro” (claim spesso abusato), cercando l’ottimizzazione in una standardizzazione del metodo e non nella singola prestazione: un salto paradigmatico. Non è un caso ed è elemento di riflessione, che nella corsa da poco iniziata per le Digital Therapeutics, accanto alle industrie farmaceutiche si stiano affiancando i grandi ospedali che detengono dati e competenze.
La strada non è semplice e necessita di un coinvolgimento di tutti i soggetti del Servizio Sanitario Nazionale, pubblici e privati, delle industrie, ma anche di tutto il mondo, no profit incluso, che ruota attorno al sistema sanitario e soprattutto del personale sanitario.
L’investimento deve essere rapido e sistematico, essenzialmente su tre pilastri fondamentali:
- Una metodologia condivisa e standardizzata per strutturazione, la raccolta e lo storage dei dati sanitari, basata essenzialmente su una struttura di dati che rispettino criteri FAIR : Findability, Accessibility, Interoperability, Reusability.
- Una struttura federata (su un modello di federated learning), che faccia perno innanzitutto sul Cloud Nazionale della PA, che renda possibile l’utilizzo di algoritmi e tecnologie di elaborazione avanzate, senza il trasferimento dei dati tra soggetti diversi.
- Un grande e continuativo investimento sulle competenze digitali nelle strutture sanitarie territoriali e specialistiche, su tutti i livelli del personale sanitario in essere e particolari percorsi specializzati su figure ad hoc in ingresso; in questo campo è necessario uno sforzo quantitativo rilevantissimo, specie nelle aree del Paese.
Queste tre priorità costituiscono il layer fondamentale su cui costruire un vero salto di qualità nel campo della Salute Digitale, che consenta una prospettiva di impatto e un volano per stimolare gli investimenti del settore privato e no profit e soprattutto per far convergere il necessario e fondamentale investimento pubblico e del SSN.
– Prof. Paolo Bonaretti | Economista dell’Innovazione e Salute
