«Dopo la laurea triennale in Infermieristica a Padova, mi sono specializzato in Ricerca Applicata all’Università di Trieste e ho iniziato a lavorare in corsia conducendo clinical trials per i test di nuovi farmaci da mettere in commercio, con un focus in oncologia e pediatria». Comincia così la storia di Alessandro Monterosso: imprenditore, ex infermiere, Forbes under 30 e tech enthusiast. Lo abbiamo intervistato per farci raccontare com’è arrivato all’idea di fondare quella che oggi è una delle startup di tech health più interessanti su scala globale.
«Sono sempre stato interessato all’uso della tecnologia in ambito sanitario e, per questo motivo, ho deciso di mollare tutto e conseguire un master in Economia Sanitaria Internazionale presso l’Università Bocconi. Proprio in questa occasione ho conosciuto quelli che sarebbero poi diventati i co-fondatori di PatchAi».
PatchAi è una startup che, grazie a tecnologie come Machine Learning e Artificial Intelligence, offre un assistente virtuale empatico ai pazienti coinvolti in studi clinici, e grazie a la partnership con Roche oggi anche nella pratica clinica, cosa che ci ha permesso di fare evolvere ancora di più la nostra vicinanza ai pazienti e sistema saliute e allo stesso tempo espandere il nostro modello di business. In un’era di transizione verso la value-based healthcare, dove la centralità del paziente e la generazione in tempo reale di dati assumono un ruolo chiave, l’implementazione di soluzioni digitali innovative può migliorare la presa in carico dei pazienti e collezionare dati sanitari di estremo valore, riducendo non solo distanze e tempi ma anche i costi degli studi sui farmaci innovativi.
«Quando lavoravo come infermiere di ricerca, mi sono reso conto che la maggior parte della comunicazione tra il personale sanitario e i pazienti avveniva via fax, mail o WhatsApp. Allo stesso tempo, ho notato che alcune case farmaceutiche adottavano delle soluzioni digitali per la raccolta di dati molto importanti sulla salute del paziente e di estremo valore riguardo l’efficacia dei farmaci; queste soluzioni digitali, tuttavia, erano un po’ datate. Partendo da questi presupposti, ho cominciato a interessarmi alle tecnologie conversazionali come i chatbot, chiedendomi se fosse possibile trovare una soluzione che da un lato raccogliesse i dati in tempo reale e dall’altro lato potesse simulare la relazione terapeutica ed empatica tra infermiere e paziente», spiega Alessandro.
Da qui l’idea di creare uno strumento digitale innovativo per raccogliere le informazioni che di norma vengono raccolte durante uno studio clinico (Patient Reported Outcomes), e che lo faccia ponendo il paziente al centro, in maniera coinvolgente, conversazionale ed empatica grazie all’intelligenza artificiale.
Nel 2019 le strade di PatchAi e di Roche sono incontrate grazie al programma di Open Innovation Roche HealthBuilders: «Insieme a molteplici partner pubblici e privati dell’ecosistema salute immaginavamo una soluzione in grado di abilitare miglioramenti significativi nei percorsi di cura oncologici ed ematologici. Gli sforzi hanno portato a Roche Smart Health Companion: prima soluzione di salute digitale registrata come Medical Device e interamente personalizzata per i pazienti onco-ematologici in Italia. Le evidenze – ha affermato Elia Ganzi, direttore di Integrated customer management di Roche Italia – che stiamo raccogliendo dimostrano la capacità di coniugare più valore esperienziale e clinico al paziente con un contributo positivo in termini di sostenibilità del sistema salute. Sono risultati molto importanti che ci rendono orgogliosi. Come partner del sistema salute metteremo Roche SHC a disposizione di tutti i nostri clienti pubblici e privati».
«Siamo lieti di aver realizzato questo progetto lavorando in prima linea per realizzare oggi ciò di cui i pazienti necessiteranno all’interno del digital health – commenta Monterosso – Con questo risultato, continuiamo ad impegnarci a svolgere un ruolo attivo nel ridefinire e rivoluzionare il patient engagement nell’ambito della sanità digitale. Collaboreremo con gli operatori sanitari per supportare i pazienti in modo rapido ed efficace traducendo il concetto di centralità del paziente in programmi che ne dimostrino l’affidabilità e l’efficacia da un punto di vista economico-sanitario».
